Università degli Studi di Firenze SST Regione Toscana

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Cenni generali
Cefalea è un termine comune che indica solamente un sintomo: il mal di testa. La cefalea in oltre il 90% dei pazienti che ne soffrono è peraltro la vera malattia (cefalea primaria) e non il sintomo di un’altra affezione (cefalea secondaria). Per curare un paziente affetto da emicrania (e da cefalea in generale) è necessario fare una accurata anamnesi che permetta di formulare innanzitutto una diagnosi corretta (oggi sono classificate oltre 100 forme diverse di cefalea), visitare il paziente ed eventualmente prescrivere degli accertamenti per poi procedere all’impostazione di una terapia. L’emicrania si caratterizza per attacchi dolorosi di durata compresa (se non trattati) nell’adulto fra le 4 e le 72 ore, solitamente localizzati a un lato della testa, di tipo pulsante – martellante, di forte intensità, peggiorati dall’attività fisica (anche semplicemente dal chinarsi per raccogliere un oggetto o dal camminare), accompagnati da nausea e/o vomito, fastidio alla luce e/o ai rumori. Talvolta il dolore è preceduto da disturbi neurologici completamente reversibili (visivi, della sensibilità, della parola, dei movimenti) denominati aura. L’attacco di emicrania in oltre la metà dei pazienti è un evento disabilitante, che limita fortemente fino ad impedire le comuni attività lavorative, scolastiche e sociali. Ciò determina un alto impatto sulla qualità di vita dei pazienti che sono affetti da questa malattia, cui conseguono alti costi sociali diretti (spesa per visite, esami, farmaci, ecc.) e indiretti (ridotta produttività o assenza a scuola o al lavoro): è stimato che ogni anno, negli Stati Uniti, i pazienti affetti da emicrania passino in totale a letto oltre 113 milioni di giorni. L’emicrania rappresenta, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la prima causa al mondo di disabilità nei pazienti al di sotto dei 50 anni di età e recentemente anche lo Stato italiano ha riconosciuto l’emicrania come malattia sociale. L’emicrania ha un picco di prevalenza fra i 15 e i 50 anni di età, periodo nel quale le donne sono colpite in numero tre volte maggiore rispetto agli uomini. L’emicrania rappresenta però un serio problema anche nei bambini e negli ultracinquantenni, fino alle fasce più anziane della popolazione. Nei paesi occidentali circa 14-16 persone su 100 sono affette da emicrania. Se i giorni al mese di cefalea sono inferiori a quindici la forma è definita episodica mentre se sono superiori a quindici la forma è definita cronica; i pazienti affetti da emicrania cronica sono 1-3 ogni 100 persone adulte ma rappresentano il 40-50% di coloro che afferiscono ad un Centro Cefalee. 
 
Come si cura 
La terapia dell’emicrania si basa innanzitutto sulla eventuale correzione di stili di vita errati, che possono addirittura aumentare la frequenza degli attacchi fino a farli cronicizzare. Ad esempio, importante è una corretta alimentazione che prevenga o corregga il sovrappeso o l’obesità, così come l’abolizione del fumo, lo svolgere attività fisica, il cercare quanto più possibile di mantenere uno stile di vita regolare alzandosi e coricandosi ad orari regolari. Parlando di farmaci, le terapie per l’emicrania si dividono in sintomatica e profilattica.
La cura sintomatica è quella che serve al momento dell’attacco. I principali farmaci sintomatici sono gli antiinfiammatori non steroidei (indicati dalla sigla FANS), presenti in commercio anche in associazione ad altri principi attivi quali caffeina e antiemetici. Altro sintomatico è il paracetamolo, anch’esso presente in commercio come singolo principio attivo o in associazione ad altre sostanze quali la caffeina. I farmaci più specifici per il trattamento dell’attacco emicranico sono però i triptani, privi di effetti nocivi a livello gastrointestinale ma che vanno comunque sempre prescritti dal medico. Altrettanto specifici e di recentissima immissione in commercio sono i ditani e i gepanti, appartenenti ad altrettanto nuove classi di farmaci.
La terapia di profilassi è un trattamento da assumere a medio-lungo termine per prevenire le crisi emicraniche e/o renderle comunque meno violente e durature. Molte sono le classi di farmaci usate a questo scopo: antidepressivi triciclici, serotoninergici, antagonisti della serotonina, betabloccanti, antiepilettici, ecc.. Accanto ai farmaci vanno anche citati però gli integratori o nutraceutici, che contengono sostanze che sappiamo essere utili nella cura della cefalea. Negli ultimi sono disponibili in commercio anche nuovi farmaci per la cura di prevenzione dell’emicrania, estremamente specifici, ovvero gli anticorpi monoclonali antiCGRP (Calcitonin Gene Related Peptide). Questi anticorpi, come dimostrato in diversi studi scientifici condotti anche presso il Cefalee della AOU Careggi, hanno dimostrato di ridurre in maniera significativa il numero di giorni al mese di cefalea e il consumo di farmaci antidolorifici sia in pazienti affetti da emicrania episodica che in pazienti affetti da emicrania cronica, anche in precedenza risultati resistenti ad altre terapie farmacologiche di profilassi. Ad oggi questi farmaci vanno prescritti da parte di medici operanti in strutture specialistiche (ambulatori per le cefalee o centri cefalee) tramite un piano terapeutico dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) a pazienti che innanzitutto non abbiano controindicazioni all’uso di tali farmaci (ad esempio malattie cardiovascolari) e che abbiano presentato refrattarietà o che abbiano controindicazioni alle altre comuni terapie di profilassi per l’emicrania già presenti in commercio.
 
 
A cura del Dr. Francesco De Cesaris
Dirigente Medico
Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi

A cura del professor Giuliano Perigli, professore a contratto di Chirurgia dell’Università di Firenze, specialista in Chirurgia Endocrina e in Chirurgia Generale, consulente di Chirurgia endocrina nell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi.

Era la fine degli anni Sessanta e già l’Urologia, la Ginecologia, la Chirurgia toracica e quella cardiaca si erano affrancate dalla Chirurgia generale. A Careggi il professor Loddo Loddi, stimato docente di chirurgia, avvertiva l’inadeguatezza di una gestione isolata delle patologie endocrine di interesse chirurgico. I tempi erano ormai maturi per condividere con altri specialisti il trattamento dei pazienti portatori di queste malattie, specie se neoplastiche. Sulla base delle comuni conoscenze e dei primi incontri informali si andavano via via condensando, intorno allo stesso obiettivo, le competenze dell’Endocrinologia coi professori Giorgio Giusti e Mario Serio, della Medicina nucleare, Franco Grandonico e Remo Masi della Radiodiagnostica-radioterapia, Giulio De Giuli, Raffaella De Dominicis, Giancarlo Zampi e Segio Dini dell’Anatomia patologica.
Questa vivace collaborazione permise di rendere nota a livello mondiale l’attività endocrinochirurgica di Careggi con la pubblicazione nel 1985, sulla prestigiosa rivista “Cancer”, di una indagine innovativa, tuttora citata, basata su una corposa casistica dove per la prima volta si correlavano gli aspetti istomorfologici a quelli clinico-prognostici del carcinoma tiroideo. Nasceva pionieristicamente la multidisciplinarietà, oggi componente irrinunciabile di ogni percorso di cura e che a Careggi fu presto estesa anche ad altre affezioni con immediati positivi risvolti nell’interscambio culturale e nella condivisione dei fini assistenziali, didattici e di ricerca, dei suoi medici ospedalieri e universitari. Intanto, la Endocrinochirurgia, grazie agli allievi del professor Loddi e a quelli del suo primo continuatore professor Cicchi, progrediva stringendo rapporti sempre più stretti con i colleghi delle discipline comprimarie e fornendo ai sanitari di Careggi un bagaglio di conoscenze e una metodologia uniforme esportata con successo anche fuori dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria. Nel frattempo, alla fine degli anni Novanta, si adottavano con entusiasmo le neonate procedure mininvasive, che soppiantavano quelle immutate da secoli e obbligavano a modificare i percorsi diagnostico-terapeutici della patologia tiroidea paratiroidea e anche di quella surrenalica grazie alla Laparoscopia precocemente applicata dal dottor Andrea Valeri in questo ambito. Infatti, agli evidenti vantaggi estetici per la drastica riduzione delle incisioni cervicali e per i microscopici accessi addominali, ne conseguivano altri ugualmente importanti come la quasi scomparsa del dolore, il ricovero breve, la rapida ripresa funzionale, il non trascurabile risparmio dei costi socio-sanitari e l’accorciamento delle liste di attesa. Il trattamento annuale di oltre 500 casi in un unico Centro con operatori dedicati e certificati insieme alla disponibilità di tutti gli ausili diagnostico-terapeutici e agli ottimi indicatori di performance (con complicanze definitive paratiroidee inferiori all’1% e tiroidee inferiori al 2%) hanno permesso di raggiungere ormai da molti anni l’attestazione di Centro di Riferimento Regionale per la patologia tiroidea. La sede operativa, incardinata sempre nelle Strutture Organizzative Dipartimentali Complesse (SODC) di Chirurgia addominale e digestiva, attualmente diretta dal professor Fabio Cianchi, ha permesso di maturare una parallela esperienza in Chirurgia endoscopica e di usufruirne, affrontando spesso in un unico intervento patologie plurighiandolari quali le sindromi da neoplasia endocrina multipla o altre patologie addominali concomitanti. Intanto, col supporto irrinunciabile delle altre specialità, in primo luogo dell’Endocrinologia, accanto all’applicazione di linee guida e percorsi assistenziali codificati si esplorava la possibilità di renderli più aggiornati e aderenti al miglioramento continuo delle conoscenze fino ratificare un Piano Diagnostico Terapeutico Aziendale (PDTA) per i tumori tiroidei per la Tireotossicosi e per i tumori surrenalici.
I dati ricavati da migliaia di casi hanno potuto così dimostrare statisticamente che la degenza dopo tiroidectomia se ridotta dagli iniziali cinque giorni a meno di 24 ore, consentiva comunque una dimissione sicura e priva di riammissioni ospedaliere durante la convalescenza domiciliare, con positive ricadute sull’impegno socioeconomico già accennato. Ugualmente col confronto di centinaia di procedure, si è raggiunta la certezza che, grazie alla disponibilità dell’imaging preoperatorio attuale, l’impiego routinario del dosaggio intraoperatorio del PTH (paratormone) negli iperparatiroidismi può essere omesso senza ridurre le percentuali di guarigione. Inoltre, se riservato solo a pochi selezionati pazienti, per tutti gli altri il risparmio medio unitario dei costi operatori è di 570 euro, che moltiplicato per l’intera attività raggiunge alcune centinaia di migliaia di euro. Infine, nel 2016 è stata formalizzata la Unit di Chirurgia endocrina dipartimentale (delibera DG 288/16) con attribuzione anche della qualifica di Unica unità di competenza per i tumori del surrene per l’Area Vasta Centro (decr. G.R. Toscana 394/16; delib. D.G. 330/16 e 413/16). L’autonomia gestionale ha consentito liste di attesa e sedute operatorie riservate con ulteriore miglioramento del trattamento erogato, condiviso e ratificato negli incontri specialistici multidisciplinari settimanali. Di essi si avvantaggiano soprattutto le oltre 200 neoplasie tiroidee, paratiroidee e surrenali trattate annualmente ex novo e le oltre 850 in follow-up attivo del quale si fanno carico in modo quasi esclusivo gli ambulatori dedicati della endocrinologia, attualmente diretta dal professor Mario Maggi.
Parallelamente in sala operatoria si sono introdotti i continui progressi tecnologici per rispondere alle istanze crescenti da parte dei pazienti di un ottimale risultato estetico accanto una minima invasività. Infatti, per evitare una cicatrice sul collo è stata adottata fin dal settembre 2017 una procedura transorale con tre accessi nel vestibolo gengivale inferiore (TOETVA –Trans Oral Endoscopic Thyroidectomy Vestibular Access) autonomamente modificata, dopo pochi mesi, spostando sotto il mento l’accesso centrale e utilizzando strumentazione da 3 mm, (TOETSA Trans Oral Endoscopic Thyroidectomy Submental Access). Modifica accolta con lusinghiero successo e riprodotta anche in altri centri, potendo quasi azzerare la distrazione del labbro inferiore e la lesione dei nervi mentonieri. Con lo stesso spirito è stato introdotto il monitoraggio Intraoperatorio dei nervi laringei e la rilevazione dell’autofluorescenza delle paratiroidi, per ridurre a percentuali irrisorie la disfonia e l’ipocalcemia, le due complicanze postoperatorie più temibili della Chirurgia tiroidea e paratiroidea. Per la patologia surrenalica le procedure laparoscopiche sono state, quando indicato, agevolate dalla tecnologia robotica che insieme alla rilevazione della vitalità ghiandolare residua, attraverso la fluorescenza del verde indocianina, ha migliorato ed esteso la possibilità di eseguire interventi parziali che conservino porzioni secernenti di ghiandola in pazienti che già avevano subito una surrenectomia controlaterale.
Contemporaneamente alla attività assistenziale, secondo le finalità costitutive di una Azienda Ospedaliero-Universitaria come Careggi, non sono stati trascurati gli impegni didattici nei corsi di studio di migliaia di sanitari e nella formazione pratica con il tutoraggio quotidiano dei medici specializzandi di tutte le discipline coinvolte in queste patologie. Non trascurabile anche il contributo di questa sinergia, sviluppata in una singola sede, alla progressione scientifica con la puntuale comunicazione dei risultati ottenuti a congressi nazionali e Internazionali e la pubblicazione di articoli in riviste di riconosciuto prestigio. Dopo il rallentamento dovuto alla recente pandemia, che comunque non ha in alcun modo penalizzato le patologie oncologiche, si sta di nuovo raggiungendo il pieno regime di attività con il proposito di introdurre procedure ancora più innovative rese possibili dalla neonata piattaforma robotica mono-accesso congeniale alla procedura submentale della tiroidectomia.
Intanto, l’expertise e la consolidata collaborazione dei vari specialisti nella rete multidisciplinare renderà possibile l’ulteriore sviluppo di diversi progetti scientifici a impronta sia clinica che traslazionale. Gli studi in corso sono focalizzati sulla stratificazione del rischio oncologico delle lesioni tiroidee citologicamente indeterminate e sulla valutazione diagnostico-prognostica delle neoplasie tiroidee e surrenaliche, specialmente le più rare come il carcinoma midollare, il tumore tiroideo avanzato, il feocromocitoma, i paragangliomi, il carcinoma corticosurrenalico e le sindromi da neoplasia endocrina familiare. Naturalmente tutto questo non si sarebbe potuto realizzare senza il puntuale e indispensabile supporto anche di tutto il personale delle altre professioni sanitarie, degli organi dirigenziali, amministrativi e organizzativi ai quali è doveroso riconoscere un ruolo insostituibile in un processo tanto complesso che, pur iniziato da decenni, continua a mantenersi vivace e aggiornato.

La frequenza stimata nella popolazione dell’infertilità di coppia è intorno al 15%, con dati preoccupanti di aumento nei prossimi anni.
Mentre la partner femminile effettua visite mediche ginecologiche fino dall’adolescenza, il maschio non viene quasi mai valutato anche quando si presenta il problema della fertilità di coppia.
Invece è importante far conoscere che gli studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità stimano che circa il 40-50% dei casi di infertilità di coppia siano dovuti ai fattori maschili.
Pertanto, molta attenzione va fatta sulla prevenzione delle principali patologie che possono colpire il sistema riproduttivo maschile, dalla secrezione degli ormoni responsabili della pubertà a quelli che permettono una buona funzione sessuale, a quelli infine che regolano la produzione di spermatozoi e quindi la fertilità.
 

 
Nel maschio, i testicoli si sviluppano durante la vita intrauterina, ma alla nascita entrano in un periodo d'inattività fino al momento dell’adolescenza quando riprendono la loro attività. La ripresa dell’attività dei testicoli comporta la produzione di spermatozoi e di testosterone. Quest’ultimo ormone è responsabile dei cambiamenti fisici tipici dello sviluppo puberale.
Il periodo di quiescenza e nuovo risveglio della funzione testicolare sono momenti molto delicati per la futura fertilità. Molti agenti esterni e patologie possono intervenire in queste fasi, danneggiando in maniera transitoria o permanente la funzione del testicolo. È importante quindi che questi danni siano evitati o, laddove questo non sia possibile, riconosciuti e corretti precocemente al fine di garantire la fertilità futura.
Riconoscere una patologia testicolare in infanzia è molto difficile proprio perché la funzione testicolare è “spenta”. Per questa ragione, i danni sul testicolo passano inosservati fino all’età adolescenziale. All’adolescenza, il ritardo nell’inizio o nel completamento dello sviluppo possono sottendere danni o disfunzioni permanenti o transitorie dei testicoli.
Essere informati sulla prevenzione andrologica è quindi fondamentale per evitare il danno della funzione testicolare fino dalla prima infanzia. Le valutazioni di screening andrologico sono di altrettanta importanza ed è impressionante pensare alla disparità di genere che esiste riguardo alla salute genitale ed in termini di fertilità. Infatti, mentre la visita ginecologica di screening è molto comune e incoraggiata dalle madri per le loro figlie adolescenti, le valutazioni di screening andrologico negli adolescenti sono rare.
Importanti fattori di rischio che dovrebbero essere conosciuti e considerati dai genitori prima e dall’adolescente e giovane adulto poi, sono i rischi correlati al criptorchidismo, all’ipermobilità testicolare e al testicolo ritenuto e alle alterazioni della struttura del pene (micropene, ipospadia). Inoltre, le patologie croniche sistemiche e le loro terapie, quali patologie oncologiche e relativi trattamento radio e chemioterapici sono estremamente impattanti sulla funzione testicolare. Riconoscere e quantificare i possibili danni è molto importante per salvaguardare la fertilità o permettere di valutare la possibilità di fare terapie per migliorare la qualità seminale e/o crioconservare il materiale seminale esistente.
Non solo le condizioni patologiche, ma anche la formazione sui corretti stili di vita, come l’astensione dal fumo, la limitata assunzione di alcolici, l’alimentazione corretta e l’attività sportiva regolare sono importanti temi a cui i bambini e gli adolescenti dovrebbero essere sensibilizzati fin dai primi anni di vita. Laddove i ragazzi abbiano acquisito abitudini di vita non corrette, è necessario che queste vengano identificate velocemente e i ragazzi vengano aiutati a comprendere i rischi a cui stanno esponendo la loro vita fertile e sessuale presente e futura.
Un altro tema molto importante per i giovani uomini è quello dell’educazione alla sessualità. Molto spesso, i ragazzi raccolgono informazioni nel gruppo dei pari o in rete e fanno di queste informazioni la solida base per le loro competenze in fatto di sessualità. Purtroppo però questo espone al rischio di incappare in informazioni sbagliate e fuorvianti e ancora a creare dei falsi miti sulla sessualità portando a idealizzare l’immagine del super uomo che deve rispondere a determinati canoni. Tutti coloro che si discostano da questa immagine rischiano di non “sentirsi abbastanza” e di interiorizzare un senso di inadeguatezza che si porteranno avanti negli anni. Ancora, il rifarsi a falsi modelli può portare al rischio di imitazione e quindi non vivere in maniera piena e spontanea la propria sessualità.
Da quanto detto, in bambini, adolescenti e adulti, la salute andrologica è un mosaico variopinto in cui problematiche del corpo, della mente e della vita relazionale si compenetrano nel creare il quadro completo. Ognuna di queste parti va considerata e curata adeguatamente per la salute del soggetto fino dai primi anni di vita.
Nella Struttura Organizzativa Dipartimentale Complessa (SOD) di Andrologia Endocrinologia femminile e incongruenza di genere dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, le attività ambulatoriali praticate sono volte a considerare la salute andrologica maschile nella sua completezza e in tutte le fasi della vita.
É infatti presente un ambulatorio dedicato a bambini e adolescenti con problematiche dello sviluppo puberale. L’ambulatorio dispone di servizio ecografico interno dove è possibile effettuare lo studio dei testicoli, della ghiandola mammaria e della tiroide. L’emergere di problematiche di tipo psicologico è anch’esso gestito internamente grazie alla presenza nella struttura di psicologi con esperienza nel trattamento di adolescenti. La grande esperienza del nostro servizio nell’ Andrologia dell’adulto permetterà la prosecuzione delle cure a lungo termine per coloro che ne abbiano bisogno.
La SOD è anche responsabile del servizio di transizione dall’ospedale Meyer a Careggi per i pazienti che hanno necessità di proseguire le cure endocrinologiche in età adolescenziale-adulta.
E’ possibile fissare un appuntamento tramite il numero 055 794 8000 avendo cura di essere in possesso di una richiesta medica per visita endocrinologica che riporti uno dei quesiti clinici riportati alla pagina Informazioni per visita endocrinologica giovanile con quesito diagnostico
 

 
Sono molti i fattori legati allo stile di vita che possono influenzare la fertilità di uomini e donne: attività fisica, peso corporeo, stress, abitudine al fumo, assunzione di alcolici e, naturalmente, anche l’alimentazione.
 
Appare evidente dalla letteratura scientifica che una migliore fertilità passi anche dalla tavola. L’alimentazione tipicamente occidentale, con una dieta ricca di grassi e zuccheri, così come il sovrappeso corporeo, l’obesità e la sedentarietà, hanno contribuito all’aumento dei problemi di infertilità registrati negli ultimi decenni. Nello specifico, una dieta ad alto contenuto calorico e a scarso valore nutritivo potrebbe ridurre la concentrazione di spermatozoi ed aumentare il rischio di alterazioni della motilità, oltre che peggiorare il profilo ormonale.
Non esistono purtroppo protocolli clinicamente validati o diete della fertilità con una solida base scientifica. Per noi che viviamo nel bacino del Mediterraneo, un passo essenziale per eliminare quei fattori che possono ridurre la fertilità è riscoprire la vera Dieta Mediterranea, ricca in verdure, frutta, cereali integrali, pesce, legumi, olio extravergine di oliva e, soprattutto, frugale e modesta nei consumi complessivi, accompagnata da regolare attività fisica e da quella convivialità che può aiutare a ridurre stress.
Avere sane abitudini di vita, ed in particolare alimentari, non aiuta soltanto a perdere peso, ma anche a tutelare la propria salute nel lungo termine. Tuttavia, l'idea che un non corretto stile di vita e che abitudini alimentari non salutari rappresentino una minaccia per la propria fertilità̀ resta di difficile elaborazione, soprattutto in giovane età, quando difficilmente si tende a proiettarsi nel proprio futuro riproduttivo. Altrettanto complesso appare veicolare il messaggio che un'alimentazione corretta ed un opportuno stile di vita possano rappresentare una vera e propria terapia non farmacologica, in grado di impattare in modo rilevante sulla salute riproduttiva.
Nello specifico, la sedentarietà, essendo legata a obesità e sovrappeso, rappresenta un fattore di rischio per l’infertilità sia maschile che femminile. Gli uomini fisicamente attivi infatti sembrano avere parametri ormonali e seminali migliori di coloro che non svolgono alcuna attività. Per quanto riguarda l’intensità, alcuni studi clinici sembrano suggerire che un esercizio moderato e svolto con regolarità sia la chiave per una migliore salute generale, mentre è più probabile che carichi eccessivi di allenamento di resistenza inducano risultati peggiori, anche in termini di fertilità. Infatti, quando l'allenamento diventa prolungato ed eccessivo, quando il recupero è insufficiente o gestito in modo improprio, si può incorrere in quella che è chiamata “Sindrome da sovrallenamento”, caratterizzata da peggioramento del profilo ormonale e seminale. Un aspetto importante da ricordare è che l’uso indiscriminato di farmaci anabolizzanti per migliorare le prestazioni sportive incide negativamente sulla fertilità, rischiando di provocare un danno significativo al funzionamento dei testicoli e squilibri ormonali, con possibili ripercussioni su altri organi e apparati.
La SOD di Andrologia Endocrinologia femminile e incongruenza di genere  dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi si occupa della salute maschile e femminile a 360°. Nella nostra gestione clinica, viene posta particolare attenzione alla forma fisica e agli stili di vita, compresa l’alimentazione, mentre trattiamo le problematiche di salute come quelle della fertilità maschile. A tale scopo, nella SODè attivo un servizio di Endocrinologia della Nutrizione con endocrinologi, nutrizionisti, dietisti ed esperti in medicina dello sport che effettuano un programmma completo per un cambiamento di stile di vita e dimagrimento finalizzato al miglioramento della riproduzione e della sessualità.
 

 
La pima pubblicazione scientifica sul calo progressivo del numero di spermatozoi nella popolazione generale risale al 1992. Per decenni, questa allarmante osservazione è stata oggetto di contestazioni, fintanto che, nel 2017 e poi nel 2022, nuove analisi su dati raccolti a livello mondiale hanno confermato definitivamente questo preoccupante fenomeno. Infatti, nell’articolo uscito nel 2022, nel quale sono stati presi in considerazione dati provenienti da 53 paesi, distribuiti nei 6 continenti, la “spermocalypse” appare avanzare inesorabilmente. Dal 1973 al 2018, la concentrazione spermatica si è più che dimezzata negli uomini sani, con un andamento che sembrerebbe aver addirittura accelerato il passo negli ultimi decenni. Infatti, la diminuzione della conta totale degli spermatozoi è stata stimata essere superiore all'1% annuo. La concentrazione spermatica è naturalmente soltanto un indice della fertilità maschile che, come quella femminile, dipende da molti fattori. A parte la rilevanza che essa ha per la fertilità, la ridotta conta spermatica è stata messa in relazione anche allo stato di salute generale degli uomini. Di fatto, in parallelo al decremento degli spermatozoi, si associano anche l’incremento del cancro testicolare, la mancata discesa dei testicoli, la riduzione di testosterone (ormone maschile) ed incremento di alcune malattie croniche.
Quale spiegazione possiamo dare alla riduzione del numero di spermatozoi? Sicuramente siamo in presenza di un processo che deriva da molteplici fattori tra i quali l’inquinamento ambientale, specialmente in riferimento a sostanze che possono interferire con i normali livelli di ormoni nel nostro corpo. Questi fattori, chiamati anche “interferenti endocrini”, sono estremamente diffusi nell’ambiente. Sono presenti ad esempio anche nei contenitori di cibo e bevande in plastica (se conservati in modo non opportuno), erbicidi, pesticidi ecc. Il loro effetto negativo sulla produzione di spermatozoi parrebbe originarsi addirittura nella vita fetale, durante la formazione del testicolo, in seguito ad esposizione materna. I fattori ambientali agiscono attraverso il nostro DNA, il quale, come un’antenna, percepisce gli effetti dell’ambiente in maniera diversa da soggetto a soggetto. Il DNA di due esseri umani è infatti caratterizzato da differenze che riguardano milioni di pezzetti di DNA (i così detti loci). Pertanto, in funzione di quelle che sono le variazioni del nostro DNA, possiamo essere più o meno suscettibili ai fattori ambientali.
Oltre agli interferenti endocrini, abitudini di vita poco sane, come l’abuso di alcol, la sedentarietà, il fumo attivo e passivo, dieta ricco di grassi, sono considerati potenzialmente responsabili del calo degli spermatozoi. Oltre alle cattivi abitudini nell’età giovanile ed adulta di un maschio, è importante ricordare che anche un errato comportamento materno, tipo alcolismo e/o tabagismo durante la gravidanza, andrà ad influenzare negativamente la salute riproduttivo del figlio.
Cosa possiamo fare per invertire questo fenomeno? La Società Europea di Endocrinologia, con il coinvolgimento dell’Accademia Europea di Andrologia ha pubblicato un “Libro bianco” denunciando l’effetto negativo degli interferenti endocrini sulla salute generale e riproduttiva. Il libro è stato presentato anche al Parlamento Europeo per sensibilizzare l’EU sull’importanza della sorveglianza dei livelli di queste sostanze nell’ambiente. LaSOD di Andrologia Endocrinologia femminile e incongruenza di genere è uno dei 27 centri EAA (Accademia Europea di Andrologia - European Academy of Andrology) , di eccellenza europea, che ha partecipato attivamente alla redazione del libro bianco. Invece, a livello individuale, il nostro contributo per invertire questa tendenza è quello di seguire un sano stile di vita.
 

 
Gli spermatozoi sono cellule assolutamente particolari. Si sviluppano a seguito di un processo molto complesso, la spermatogenesi, che avviene nel testicolo e che porta alla formazione di cellule che, sia per il loro aspetto morfologico che per la loro funzionalità possono essere definite le cellule maggiormente specializzate nel nostro organismo. Infatti, lo spermatozoo (ved. immagine) è formato da tre segmenti, la testa, il colletto e un lungo flagello. Nella testa è presente un nucleo che contiene il genoma maschile e una struttura detta acrosoma, che è necessaria la fusione tra spermatozoo e cellula uovo. Nel colletto vi è una guaina mitocondriale dove sono presenti strutture che servono a fornire l’energia per il movimento della coda. Lo spermatozoo è infatti l’unica cellula del nostro organismo provvista di motilità propria e grazie a questa facoltà riesce a nuotare e a superare i numerosi ostacoli all’interno del tratto genitale femminile, per poter raggiungere la cellula uovo e fecondarla. Perché questo processo sia completato, è necessario che tutte le funzionalità dello spermatozoo siano correttamente presenti. Forse è proprio per questo che ogni eiaculato “normale” contiene milioni di spermatozoi anche se, per la fecondazione, ne serve uno soltanto. Ma gli altri a cosa servono? In effetti nel linguaggio scientifico si parla spesso di “spermatozoi kamikaze”, ovvero spermatozoi che si sacrificano per preparare la strada a quelli provvisti delle migliori qualità che riescono quindi a superare tutti gli ostacoli per giungere a fecondare l’ovocita portando alla formazione di un embrione. Questo accade quando tutto va bene, ma noi sappiamo che non sempre è così e in alcune coppie il concepimento è più difficile e necessita un intervento medico. Per quanto riguarda il partner maschile, sappiamo che in alcuni soggetti la spermatogenesi può essere difettiva sia perché produce un basso numero di spermatozoi oppure perché gli spermatozoi prodotti non possiedono le caratteristiche richieste per fecondare la cellula uovo. È su questo punto che è importante una corretta diagnosi da eseguire in laboratori altamente specializzati, in grado di analizzare le caratteriste spermatiche più importanti per garantire il concepimento. Inoltre, il testicolo è un tessuto fragile e la sua funzione può essere compromessa sia da eventuali chemio- o radio-terapie per problemi oncologici, che a seguito di altre tipologie di insulti, inclusa un’attività lavorativa a contatto con sostanze tossiche, che possono portare ad un deterioramento progressivo della funzione testicolare. A tutti questi soggetti può essere quindi consigliato un percorso di preservazione della fertilità al fine di garantire la possibilità di un futuro concepimento mediante fecondazione assistita.
 
All’interno della SOD Andrologia Endocrinologia femminile e incongruenza di genere è presente un laboratorio di seminologia dove viene effettuato in modo accurato e in accordo con le direttive internazionali del World Healt Organization (WHO) l’esame del liquido seminale (spermiogramma).
Lo spermiogramma è in realtà il risultato di una valutazione complessiva del liquido seminale (analisi di I livello), che prende in considerazione diversi parametri importanti:
  • la concentrazione degli spermatozoi presenti nel campione prodotto, ovvero il loro numero in relazione al volume dello stesso
  • la velocità con cui si muovono nello spazio (che si può stabilire osservandoli al microscopio)
  • il loro aspetto (morfologia) rispetto ad uno standard pre-definito
  • la quantità di spermatozoi vivi presenti nel campione (parametro fortemente influenzato da un’astinenza sessuale prolungata) 
  • rilevazione di eventuale presenza di anticorpi anti-Spermatozoo nel liquido seminale, indice di una sorta di autoimmunità con.genita o indotta da particolari stati fisiologici
Il laboratorio aderisce al programma di Verifica Esterna di Qualità (VEQ) della Regione Toscana ed al United Kindom National External Quality Assessment Scheme for Andrology (Uk NEQAS) che permette un controllo periodico della performance di ogni operatore e di verificare la congruenza tra di loro.
Inoltre sul liquido seminale possono essere effettuati numerosi altri test e procedure (test di II livello), a seconda dello scopo per cui viene richiesto l’esame. Il nostro laboratorio offre i seguenti: 
  • test di capacitazione: permette di selezionare gli spermatozoi migliori ed attivare la capacità fecondante degli stessi, utile nel caso di tecniche di riproduzione assistita
  • test di IL-8: per rilevare una eventuale infiammazione prostatica
  • test di frammentazione: valuta la percentuale di spermatozoi che presenta un danno al DNA implicato nella capacità riproduttiva
Il nostro laboratorio è anche Centro di Riferimento Regionale per la crioconservazione del liquido seminale e di materiale testicolare proveniente da un intervento chirurgico al testicolo per la preservazione della fertilità.
Inoltre è attivo il servizio crioconservazione di liquido seminale da donatore con reclutamento di soggetti volontari.
 

 
La causa di questo tumore non è ad oggi completamente chiarita, ma alcuni fattori sembrano predisporre alla sua insorgenza. In particolare, la storia personale (aver avuto un tumore a uno dei due testicoli) o familiare (avere un fratello che ha avuto un tumore testicolare) di tumore testicolare, e la mancata discesa spontanea del testicolo nello scroto entro un anno di età (criptorchidismo) sono fattori fortemente associati allo sviluppo del tumore testicolare. Inoltre, è stato riportato un aumento di rischio di tumore testicolare nei maschi infertili, in particolare in coloro che presentano un basso numero di spermatozoi, con rischio maggiore nei soggetti con assenza di spermatozoi nel liquido seminale (azoospermia). E’ dibattuta invece l’associazione tra tumore testicolare e microcalcificazioni testicolari, piccoli punti bianchi brillanti rilevabili all’ecografia testicolare, di cui si suggerisce controllo ecografico prudenziale nel tempo se sono presenti altri fattori di rischio.
Nella maggioranza dei casi il tumore testicolare viene scoperto perché il soggetto si accorge di un rigonfiamento o un nodulo duro nello scroto, generalmente non dolente, e più raramente per la comparsa di fastidio o dolore scrotale. Pertanto, a fini di prevenzione, è raccomandata a tutti i maschi giovani l’autopalpazione periodica dei testicoli. Qualora vengano palpati dei noduli, è opportuno rivolgersi prontamente ad un andrologo. La visita andrologica e l'ecografia scrotale confermeranno o meno la presenza di un nodulo “sospetto” nel testicolo, associato o meno alla presenza di alcuni marcatori tumorali nel sangue, indicando la necessità di un intervento chirurgico. Solo dopo aver rimosso il testicolo o, in alcuni casi specifici, una porzione di questo contenente il nodulo, l’esame istologico sul pezzo operatorio potrà confermare con sicurezza la diagnosi di tumore testicolare. In tal caso, in base alle caratteristiche istologiche del tumore e alla presenza di eventuali metastasi in altri organi, potrà essere suggerita anche l’esecuzione di chemio- e/o radio-terapia.
La diagnosi precoce di tumore testicolare è fondamentale, sia per assicurare la sopravvivenza dell’individuo, sia per salvaguardare la possibilità di avere figli in futuro. Infatti, sebbene dopo l’asportazione del testicolo contenente il tumore la presenza del testicolo residuo possa consentire in alcuni soggetti l’ottenimento di una gravidanza per via naturale, è generalmente indicato dall’andrologo il ricorso alla conservazione degli spermatozoi in specifiche “banche del seme” (crioconservazione del liquido seminale), in particolare in quei pazienti che saranno sottoposti a chemio- e/o radio-terapia, che possono danneggiare anche irreversibilmente la funzione testicolare. Questo consentirà in futuro la possibilità di ricercare una gravidanza mediante tecniche di procreazione medicalmente assistita utilizzando gli spermatozoi crioconservati.
La  SOD Andrologia Endocrinologia femminile e incongruenza di genere di genere si avvale di un servizio di ecografia andrologica di eccellenza, che include il Coordinatore e alcuni membri dei Board delle Scuole di Ecografia Andrologica più importanti a livello nazionale e internazionale, quali quelle dell’Accademia Europea di Andrologia (European Academy of Andrology - EAA) e della Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS). In particolare, la sede di Firenze rappresenta uno dei fulcri delle suddette Scuole, e organizza annualmente corsi ecografici cui afferiscono discenti provenienti da tutto il mondo.

Il Centro di Procreazione Medicalmente Assistita dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi pone particolare attenzione al benessere della coppia e alle difficoltà che questa può avere durante l’intero percorso. Per questo motivo, il Centro, in collaborazione con il Centro di Riferimento Regionale sulle Criticità Relazionali - UOc Clinica delle Organizzazioni, offre la possibilità alle coppie, inserite nel percorso di PMA dell’AOUC, durante tutto l’iter terapeutico (prima, durante e dopo), di usufruire di consulenze psicologiche, sia individuali che di coppia.
Sono altresì possibili incontri tramite videoconsulenza e gruppi di sostegno/di psicoterapia.
Gli obiettivi della consulenza sono i seguenti:
•  affrontare i vissuti relativi alla diagnosi di infertilità e agli eventuali precedenti insuccessi riproduttivi 
•  sostenere e informare sui risvolti emotivi e relazionali del percorso di PMA (omologa e eterologa) 
•  sostenere la coppia nel corso dei trattamenti, accompagnarla nei momenti di difficoltà e aiutarla a compiere il percorso con minor ansia e maggior fiducia possibili 
•  facilitare l’elaborazione dei fattori psicologici implicati nel percorso di PMA, delle fantasie e aspettative della coppia riguardo al percorso, alla gravidanza e alla genitorialità
•  sostenere la creazione di pensieri legati alla genitorialità - accettare e gestire i nuovi vissuti e le complesse dinamiche psicologiche implicate nella transizione verso la maternità-paternità 
•  sostenere la coppia in caso di esito negativo della procedura di PMA, aiutandola ad accettare ed elaborare i vissuti dolorosi a questo associati 
•  sostenere le coppie nei lutti perinatali 

Referente: Vanessa Zurkirch Dirigente Psicologa della UO Clinica delle Organizzazioni e Centro di Riferimento Regionale sulle Criticità Relazionali
Per appuntamento: dal lunedì al venerdì  ore 11:00 - 13:45 tel 055 794 9369 
Per contattare direttamente la dottoressa: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

Il Centro si avvale anche della presenza di tirocinanti specializzandi in formazione.

PiediniMargherita
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